l’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Parma dedica al giovane Vasco Bendini una antologica ben selezionata, promossa da Francesco Arcangeli, Giulio Carlo Argan, Maurizio Calvesi e Arturo Carlo Quintavalle.
Bendini appartiene agli artisti “difficili”, è stato definito un pittore a sprazzi mentale, ma è anche una delle presenze più continue, riflessive e seriamente problematiche dell’arte italiana.
La sala della mostra iniziale è particolarmente interessante poichè esibisce alcuni dei primi tentativi tra il ’50 e il ’53, che possono già essere considerati una spinta verso l’informale.
Poi la stagione informale appunto, che per l’artista è il capitolo decisivo, e nel 1965 intraprende una prima fase sperimentale, ancora nei limiti della tela, un’analisi problematica sui significati e sulle potenzialità stesse della pittura.
Nato a Bologna nel 1922, si era formato all’Accademia di Belle Arti felsinea, con maestri come Giorgio Morandi e Virgilio Guidi. Dopo un periodo di vicinanza all’informale padano dell’“ultimo naturalismo” teorizzato da Francesco Arcangeli, Bendini aveva centrato la sua riflessione sulla materia e sulle sue possibilità espressive, con lavori che risentono dell’influenza di Jean Fautrier. Tante le mostre che lo vedono protagonista, fin dal 1949, con l’esordio alla galleria Bergamini di Milano, con introduzione di Guidi; nel 1956 prima partecipazione alla XXVIII Biennale di Venezia, dove avrà una sala personale alla XXXII edizione del 1964, cui ne seguirà un’altra alla XXXVI, nel 1972.
Importanti collettive che lo confermano come figura centrale sono “Nuove prospettive della pittura italiana”, a Palazzo di Re Enzo, a Bologna, nel 1962, e “L’Informale in Italia fino al 1957”, a Livorno, nel 1963. Nel 1966 ha una mostra personale presso l’Attico di Roma, presentata da Giulio Carlo Argan. Nel 1972 gli viene dedicata una sala personale alla X Quadriennale Nazionale d’Arte, Palazzo delle Esposizioni, Roma.