Dopo il napoletano Del Pezzo, l’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università degli Studi di Parma rivolge l’attenzione ad un artista parmigiano: Remo Gaibazzi, che ha dato un originale contributo alla formazione di un nuovo linguaggio figurativo capace di opporsi a quello eterodiretto e dilagante dei mass media, utilizzandone gli stessi strumenti linguistici ma in senso antagonista.<
Gaibazzi ha rifiutato di conferire un carattere storico e antologico alla sua esposizione, non ha voluto offrire ciò che il pubblico si aspetta, ovvero la storia del pittore con la sua evoluzione ed anche il suo adeguarsi alle mode artistiche correnti. Le sue opere rappresentano infatti uno spaccato, un momento di riflessione necessario sia nel momento di elaborazione dell’opera, che in quello della sua presentazione al pubblico.
I soggetti dei suoi dipinti rappresentano monumenti cittadini: il Duomo, il Battistero, la chiesa della Steccata e il Palazzo della Pilotta.
I monumenti sono puri pretesti per un originale discorso sulla percezione visiva. I monumenti sono stati ridotti a pure immagini mentali con varie tecniche che vanno dal cartellone pubblicitario al sagnale stradale, con molte somiglianze con la pop art e la optical art.
Il risultato di questo processo è che la prospettiva dell’edificio ci si presenta appiattita e quindi il progetto viene distrutto insieme col significato storico del monumento stesso. Emerge la capacità di Gaibazzi di usare sapientemente i colori e i loro rapporti di complementarietà .
Le strutture architettoniche sono serializzate, ogni singola figura è autonoma ma riceve significato dal fatto di essere nel dipinto con le altre, a rappresentare metaforicamente la situazione politica e sociale del nostro tempo, col problema irrisolto del singolo e della massa che lo contiene.