Nel 1972 l’Istituto di Storia dell’arte dell’Università di Parma realizza una rassegna che prende in esame la morfologia e la struttura del settimanale italiano, importante sistema di informazione visiva nella società dei consumi. Gli studenti e i docenti autori di questa mostra credono in una “Università nuova, ricca di stimoli per la società, una Università che ha un suo preciso futuro nello sviluppo della coscienza civile”. (A.C Quintavalle)
I settimanali hanno un arco di interessi che si lega e nasce dalla cronaca: si presentano come commento e lettura del mondo dei quotidiani ed esistono per ovviare a strutturali carenze dei quotidiani.
Il gruppo di ricerca ha condotto una lettura attenta sulle pagine di oltre mille riviste, ha elaborato una serie di schede, distribuite all’interno di uno schema. Esso comprende una introduzione critica al giornale divisa a sua volta in due sezioni, una descrittiva e un’altra analitico-strutturale delle schede che sono il riassunto degli articoli.
È stato inoltre elaborato un questionario che un gruppo di studenti rilevatori ha portato in giro per un paio di settimane. Il modulo è stato distribuito in vari quartieri cittadini, socialmente ben differenziati, in alcune località montane, nella bassa pianura padana, e ancora ai militari intervistati durante la loro libera uscita.
Tutto questo allo scopo di analizzare i diversi tipi di lettori de settimanali, le loro motivazioni, interessi, preferenze, i rapporti tra classe sociale e tipo di lettura, i rapporti tra luogo del consumo e genere di lettore.
I risultati, letti dal calcolatore elettronico dell’Università di Bologna, vengono presentati nel catalogo della mostra, che raccoglie un ampio materiale di schede e fotografie collegate in modo stretto con il percorso dell’esposizione.
Il motivo del titolo è che nelle fiabe, come nei settimanali, ci sono dei nuclei di racconto: la presentazione dei protagonisti, eroe ed eroina, il maleficio o l’incidente iniziale, il viaggio, il premio finale. Come nelle fiabe, anche nei settimanali non tutti gli elementi della trama tipo ritornano ogni volta: talora ci sono dei frammenti, delle sezioni di questa trama… è sempre l’impianto di un racconto del mondo della fiaba.
“Intendiamo dire- si legge sul grande pannello che accoglie il pubblico all’ingresso della mostra- che mentre raccontiamo La Bella addormentata o Cappuccetto Rosso tutti, anche i bambini, sanno che è una fiaba, se leggiamo delle vicende amorose difficili, dei matrimoni più o meno intrecciati, dei figli dei divi, della tal cantante che sa fare il bucato, tutti pensiamo che siano dei modelli di comportamento possibile: dunque miti”.
Il sistema dei giudizi morali nella nostra cultura ha quindi come struttura queste fiabe, che sono appunto miti per noi.
Ma per quali di noi? Non per la classe dominante, ma per la maggior parte della popolazione quelle dei divi della tv, delle famiglie reali, dei calciatori e delle veline sono storie vere, non sono fiabe, sono miti.