Allo CSAC il Fondo Boetti è costituito da una sola opera: un lavoro a penna biro su carta, composto da tre pannelli di 102 x 70 cm ciascuno e donato dallo stesso artista alle collezioni del centro dell’Università di Parma nel 1977, tre anni dopo la sua realizzazione.
Questo trittico è riconducibile a una serie di lavori realizzati da Boetti a partire dagli anni Settanta fino alla sua morte, o meglio sempre fatti realizzare sotto la sua supervisione da due assistenti, che dovevano rigorosamente essere un uomo e una donna, con la tecnica del tratteggio. Attraverso le comuni penne a sfera in commercio, a cui corrispondono i colori nero, blu, rosso e verde riscontrabili di volta in volta nei lavori, viene coperta l’intera superficie, salvo l’alfabeto, lasciato visibile su un margine, e una serie di virgole, disposte ritmicamente sulla carta, che permettono grazie a uno dei classici giochi “boettiani” tra, scrittura e linguaggio, di ricostruire il titolo dell’opera – oppure alcune parole connesse ad esso, come nel caso de I Sei Sensi – attraverso la loro posizione in relazione all’alfabeto stesso. Il tempo viene poi a configurarsi come un elemento centrale, tanto in relazione alla realizzazione – che prevede un lento, ripetitivo ed estenuante lavoro manuale – quanto alla volontà di Boetti di restituirne una percezione dilatata attraverso una dimensione formale e ritmica astratta, di volta in volta generata a partire da un set di regole.
Il lavoro donato allo CSAC risulta, come testimonia la lettera manoscritta dell’artista conservata in archivio, realizzato con penne Pelikan: interessante come il titolo dichiarato nella lettera (… E il resto) risulti differente da quello poi effettivamente leggibile: in questo trittico sono infatti le parole “Piccolo, Medio, Grande” ad apparire decifrando la disposizione delle virgole. Spesso realizzati dall’artista anche come doni, questi lavori sono stati frequentemente associati alla ricerca di Boetti intorno al concetto di ritratto: non a caso i titoli della serie corrispondono ad alcune delle più celebri frasi dell’artista – Mettere al mondo il mondo, I Sei sensi, Far quadrare tutto… – e rimandano a temi centrali nella sua ricerca, e in particolare a un approccio sperimentale, intuitivo e poetico al fare artistico. Oltre a una necessità di far emergere l’idea in modo quasi spontaneo, meccanico, riducendo l’operato dell’artista al minimo e introducendo altre figure – portatrici anche di variazioni e casualità – nella realizzazione pratica dell’opera.
Marco Scotti